
In un post precedente abbiamo visto che saper Negoziare non significa dover dire sempre Sì ma, al contrario, che è sempre importante raggiungere un accordo senza rimetterci. Purtroppo non sempre queste due cose sono compatibili, di conseguenza vi sono dei casi in cui è necessario dire No. È quindi importante saper dire No ma è ancora più importante saper dire No nel modo corretto.
William Ury si è occupato di questo tema nel libro The Power of a Positive No: Save The Deal Save The Relationship and Still Say No. In questo testo si esaminano, tra le altre cose, le ragioni per cui è così difficile dire No, ossia il timore di rovinare la relazione e quella che l’autore chiama la trappola delle tre A, ovvero: Accomodate (accontentare), Attack (attaccare), Avoid (evitare).
Tutte queste modalità di risposta sono inadeguate, esaminiamole nel dettaglio:
• Accontentare: non vogliamo rovinare la relazione e anche se vorremmo dire No diciamo Sì. Di questo Sì molto probabilmente ci pentiremo perché non tutela i nostri interessi. Con questo Sì si corre il rischio di avvelenare comunque la relazione perché il nostro risentimento potrebbe emergere. Ury riassume questa risposta come: diciamo Si quando in realtà vorremmo dire No. Questa è una risposta che è inadeguata nella sostanza.
• Attaccare: non riusciamo a dire No come dovremmo e lo diciamo malamente. Ci sono numerose spiegazioni psicologiche alla base di questa risposta inadeguata. Una di queste è quella di identificazione proiettiva descritta da Melanie Klein nel suo scritto Notes on some schizoid mechanisms del 1946. Riassumere questo concetto non è semplice, ma possiamo pensare ad un processo di identificazione attraverso al quale si forzano parti del proprio ego in un oggetto esterno con il fine di prenderne possesso e controllarlo; per i doverosi approfondimenti rimando per esempio al seguente testo. Pur ribadendo che questa è solo una delle possibili interpretazioni, possiamo pensare all’attaccare come ad una modalità di risposta con cui ci liberiamo dall’angoscia che proviamo dovendo dire No, dando la colpa all’altro. Questa è una risposta che è inadeguata nella forma.
• Evitare: nel timore di scontentare la controparte o di accettare un accordo a noi sfavorevole si preferisce evitare il problema. Non diciamo nulla sperando che il problema si risolva da solo o che addiritura sparisca. Ury riassume questa risposta come: non diciamo nulla. Questa non è una risposta e dunque è inadeguata nella sostanza.
Infine, sia attaccare che evitare sono le due facce dei meccanismi di attacco-fuga di cui abbiamo già parlato in un post precedente. Invece accettare qualcosa a cui dovremmo dire No è una trappola della negoziazione.
Al fine di chiarire le possibili risposte inefficaci elencate sopra consideriamo un esempio ipotetico. Supponiamo che con una collega io condivida un corso universitario articolato su più lezioni settimanali e che, per le lezioni che si tengono il lunedì, l’orario assegnatoci sia scomodo a me per ragioni familiari (per esempio potrei avere i bambini da accompagnare a scuola) e alla collega per ragioni di conflitto con altri suoi impegni lavorativi.
Supponiamo ora che la collega mi chieda gentilmente di tenere io le lezioni il lunedì palesandomi le sue difficoltà: dovrebbe essere il caso in cui dovrei dire No, dato che questo mi metterebbe in difficoltà. Esaminiamo invece ciascuna delle possibili risposte disfunzionali:
• Accontentare: dico Sì alla collega e tutti i lunedì mattina mi pento della mia disponibilità con un conseguente aumento del mio risentimento nei confronti della collega. Mi sono illuso di aver mantenuto la relazione quando in realtà la sto compromettendo.
• Attaccare: in maniera inconscia penso che, in un momento in cui tante persone non hanno un lavoro, lamentarsi per l’orario sia un comportamento inaccettabile e attacco la collega per la sua richiesta. In realtà è inaccettabile sia il mio comportamento che quello della collega ma, attribuendo (solamente) a lei tale comportamento, mi libero della mia inadeguatezza.
• Evitare: nel timore di scontentare la collega ignoro la sua richiesta. Risulta ovvio che, nel momento in cui la criticità emergerà, rischierò di usare la modalità accontentare o attaccare.
L’ultima risposta disfunzionale dimostra che la trappola delle tre A (in italiano due A ed una E) non è costituita necessariamente da stati di arrivo, ma che è possibile spostarsi da una risposta disfunzionale all’altra complicando ulteriormente il conflitto.
Sembra incredibile ma la parola No è composta da due sole lettere tante quante sono le lettere che compongono la parola Sì, ma pronunciare le prime due lettere è spesso molto più difficile.
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Ugo Merlone
Professore Associato
Dipartimento di Psicologia, Università di Torino
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