
Nel 2016 Il premio Nobel per l’economia è stato attribuito a Oliver Hart e Bendt Holmström per il contributo che hanno dato alla teoria dei contratti. Nelle prime righe della motivazione di questo importante riconoscimento leggiamo “un ostacolo eterno alla cooperazione è dato dal fatto che le persone hanno interessi diversi. Nelle società moderne, i conflitti tra gli interessi sono spesso mitigati se non completamente risolti da accordi contrattuali”. Gli studi di Hart e Holmström hanno una grande importanza per il problema degli incentivi lavorativi e le loro teorie hanno rivoluzionato numerose discipline quali l’economia delle organizzazioni, la corporate finance, ma anche l’industrial organization, l’economia del lavoro, l’economia pubblica, le scienze politiche e la giurisprudenza.
Al di là degli incentivi lavorativi la teoria dei contratti ha una ovvia rilevanza per chi si occupa di negoziazione ed in particolare ci vogliamo occupare del contributo che Oliver Hart ha dato con i contratti incompleti. Infatti, secondo Hart (1995) non è possibile avere un contratto che sia valido in tutte le possibili situazioni. Questa incompletezza è dovuta a tre motivi:
1. vista la complessità e l’impredicibilità del mondo reale, alle parti risulta difficile prevedere tutte le possibili contingenze;
2. anche fosse possibile prevedere tutte le eventualità, sarebbe arduo per le parti in causa trovare un linguaggio comune per descrivere tutte le diverse occorrenze e trovare un accordo su ciascuna di esse;
3. anche se le parti fossero in grado di negoziare su tutte le contingenze risulterebbe difficile formalizzare in modo scritto gli accordi in maniera che una terza parte possa renderli vincolanti in caso di controversia.
Le conseguenze di questa sorta di impossibilità sono numerose; per esempio un’analisi relativa alla gestione delle risorse umane si può trovare in questo articolo.
Un esempio di incompletezza dei contratti è dato dal recente episodio in cui un passeggero del volo United Airlnes 3411, fu a forza fatto scendere dall’aereo su cui si era imbarcato. Di questo episodio avevamo già parlato precedentemente in un post a proposito di come non si dovrebbe negoziare. E in un articolo uscito su Forbes troviamo una serie di aspetti che ben esemplificano quanto abbiamo appena visto sulla incompletezza dei contratti.
Infatti il contratto della United Airlines pur essendo estremamente lungo (si noti che il post a cui mi riferisco è datato 14 aprile 2017, mentre il contratto della United Airline è stato rivisto il 23 giugno 2017) non riesce a prevedere quanto è accaduto.
Per esempio, secondo l’articolo citato, la United Airlnes considerava il caso un “denied bording”, ma al passeggero non era stato negato l’imbarco in quanto era già seduto sull’aereomobile. Troviamo qui i primi due aspetti che caratterizzano l’incompletezza dei contratti: non prendere in considerazione tutte le possibilità (per esempio prevedendo di dover trasportare alcuni propri dipendenti su un volo completo) e non essere in grado di scriverle usando un linguaggio comune (il significato di “denied boarding” non risulta ben specificato).
Risulta ovvio che in queste condizioni sarà la terza parte a dover decidere. Ma non dobbiamo pensare che l’errore di United Airlines fosse di non essere stata in grado di scrivere un contratto sufficientemente esaustivo, perché grazie al contributo di Hart sappiamo che tale contratto non esiste. Ancora una volta vediamo quindi come contenuti apparentemente teorici ed astratti possano avere un’importanza pratica per la negoziazione.
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Ugo Merlone
Professore Associato
Dipartimento di Psicologia, Università di Torino
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