“BREXIT”: in nomen omen?

“BREXIT”: in nomen omen?

Pubblicato il: 3 Novembre 2018-Categorie: Attualità-

In uno dei post precedenti abbiamo già affrontato il tema della Brexit ed in particolare si è paventato il rischio che l’Unione Europea potesse non presentarsi come una parte monolitica al tavolo negoziale.

Le ultime notizie, tuttavia fanno pensare che i problemi di monoliticità riguardino soprattutto il Regno Unito. Infatti dopo che la prima ministra Theresa May è stata in grado di raggiungere una bozza di accordo sulla Brexit, Mr Gyimah si è dimesso. Sam Gyimah era sottosegretario all’Istruzione ed è stato il settimo membro del governo a dimettersi in polemica con l’accordo raggiunto per lasciare l’Unione Europea; in un post su Facebook l’ex sottosegretario ha detto che questa bozza era un accordo solo a parole: “a deal in name only“.

A proposito di parole osserviamo che, secondo l’Accademia della Crusca, la parola “Brexit” è una parola macedonia. Il linguista Bruno Migliorini nelle sue Conversazioni sulla lingua italiana, chiamava “parole macedonia”, i casi in cui «una o più parole maciullate sono state messe insieme con una parola intatta» (Bruno Migliorini, Uso ed abuso delle sigle, in Conversazioni sulla lingua italiana, Firenze Le Monnier, 1949, p. 89) e, di fatto, “Brexit” si ottiene combinando l’inizio della parola “Britain” con la parola intera “exit”.

Occorre poi osservare che la parola “Brexit” suona infelice non solo alle persone di lingua italiana, per esempio Anthony Giddens, ex direttore della London School of Economics, nel 2015 aveva scritto, che a suo parere, “Brexit” era un neologismo maldestro.

Quindi, a proposito di “Brexit” verrebbe proprio da dire in nomen omen.

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