
Fonte Wikimedia
Nella negoziazione vi sono numerosi falsi miti, tra questi vi è anche quello secondo cui un buon negoziatore è una persona che sa rischiare (in modo spregiudicato) (Thompson 2015, p.31). Questo mito è molto diffuso soprattutto nell’immagine del negoziatore che ci propongono le pellicole cinematografiche, ed è caratterizzato da frasi come “prendere o lasciare” o “questa è la mia offerta finale”.
Sebbene tendiamo ad essere istintivamente attratti da negoziatori con questo tipo di atteggiamento, dobbiamo essere consapevoli che raramente questo tipo di approccio è efficace. Infatti un buon negoziatore dovrebbe essere in grado di prendere consapevolmente decisioni in condizioni di incertezza valutando attentamente i rischi e non bluffare spavaldamente correndo il rischio di essere scoperto.
L’approccio che il primo ministro inglese Boris Johnson ha usato per negoziare con l’Europa e con gli oppositori alla Brexit in Parlamento ricorda molto questo stereotipo ed i risultati non sembrano essere stati particolarmente gratificanti.
Per esempio, secondo il New York Times, questo approccio sembra aver fratturato ancora di più il Regno Unito. Secondo Howard Raiffa, quando in una negoziazione una parte non è monolitica è più probabile che possa cambiare opinione, ma sempre secondo lo stesso autore, in una negoziazione è importante essere consapevoli dei conflitti interni ed esterni e di questo Johnson non sembra essersene reso conto.
Inoltre Johnson, nonostante i suoi proclami, è stato costretto dal Benn Act, ad inviare una lettera all’Unione Europea per chiedere un rinvio di tre mesi della Brexit. Tuttavia all’inizio di settembre aveva affermato che non avrebbe mai chiesto un rinvio. È ben vero che Johnson non ha firmato personalmente la lettera ma ha dovuto comunque spedirla. Quando si fanno proclami e poi non si riesce a mantenerli, il meglio che si possa sperare è che le persone non ricordino, altrimenti la reputazione di inflessibilità crolla.
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Ugo Merlone
Professore Ordinario
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