Quando il potere è…troppo

Quando il potere è…troppo

Pubblicato il: 18 Settembre 2017-Categorie: Attualità-

Willam Ury in Getting Past No suggerisce di preparare accordi che la controparte non possa rifiutare e si rifà al detto costruire ponti d’oro al nemico che si ritira.

Questo insegnamento che secondo alcuni arriva da Sun Tzu, ma che, con significato analogo, Sesto Giulio Frontino attribuisce a Scipione l’Africano (Hosti non solum dandam esse viam ad fugiendum, sed etiam muniendam, Strategemata, liber IV, De variis consiliis) dovrebbe essere evidente a tutti. Nonostante ciò è facile dimenticarsene soprattutto quando il nostro potere ci fa pensare di essere in una posizione inattaccabile. Un esempio viene ancora una volta dalla storia quando Carlo V d’Asburgo impose a Francesco I di Valois-Angoulême, che era stato sconfitto ed imprigionato nella battaglia di Pavia, delle condizioni inaccettabili. Le condizioni imposte da Carlo V erano umilianti per il sovrano francese che preferì la prigionia. Solo in seguito, Francesco I accettò le condizioni firmando il trattato di Madrid il 14 gennaio 1526, per poi rifiutarsi di ratificarlo una volta rientrato in Francia.

La lezione è chiara: quando si prepara un accordo, questo deve essere redatto in modo che entrambe le parti abbiano incentivo a rispettarlo e dobbiamo ricordarci che un accordo che umili una delle parti non durerà molto. Se invece, accecati dal nostro potere pensiamo di poter imporre condizioni inaccettabili, i risultati saranno come minimo controproducenti.

Un altro esempio secondo alcuni è stato il trattato di Versailles. L’opinione secondo cui il trattato di Versailles abbia avuti effetti controproducenti è condivisa da molti come possiamo vedere in questo articolo sul Washington Post. Se vogliamo formulare una interpretazione psicoanalitica usando le teorie di Wilfred Bion sui gruppi, possiamo pensare che Hitler abbia usato il malcontento dei tedeschi per dare loro una identità gruppale caratterizzata dall’assunto attacco-fuga, ossia un gruppo che “sembra conoscere solo due tecniche di autoconservazione, l’attacco o la fuga” (Bion, Esperienze nei gruppi , 1971, pag.71). Sempre secondo Bion, in un gruppo caratterizzato da questo assunto, “il tipo di leadership che il gruppo riconosce come adatta è quella dell’uomo che mobilita il gruppo per attaccare qualcuno, oppure per guidarlo nella fuga” (ibidem, pag.73). Questa interpretazione trova riscontro nel secondo punto del Programma del Partito Nazista che possiamo trovare su vari siti.

Quindi bisogna essere bene attenti a mantenere un equilibrio anche quando pensiamo di avere noi tutte le carte in mano.

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Ugo Merlone
Professore Associato
Dipartimento di Psicologia, Università di Torino
ugo.merlone@unito.it
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