Negoziare non significa “incontrarsi a metà strada”

Negoziare non significa “incontrarsi a metà strada”

Pubblicato il: 9 Dicembre 2020-Categorie: Attualità-

Illustrazione, gentile cortesia di Maddy e Stu Rees.

“Incontrarsi a metà strada”, in inglese “Split the difference”, viene da alcuni considerato come il giusto risultato di una negoziazione. Ciò non è corretto e questa confusione è, ahimè, solo una delle tante tra quelle che si sentono sulla negoziazione.

Secondo Lewicki, Barry e Saunders p.62 “Incontrarsi a metà strada” è forse una delle tattiche di chiusura più popolari. I negoziatori che utilizzano questa tattica in genere riassumono brevemente la negoziazione con frasi del tipo “Entrambi abbiamo passato molto tempo a fare numerose concessioni, ecc.” per poi suggerire che, visto che le rispettive posizioni sono oramai molto prossime, “perché non ci incontriamo a metà strada?”. Sebbene questa possa essere una tattica di chiusura efficace, perché il risultato sia equo è necessario che entrambe le parti abbiano esordito con posizioni iniziali bilanciate ed abbiano effettuato concessioni approssimativamente della stessa entità. Infatti un negoziatore che effettui un’offerta di apertura esagerata e poi suggerisca di venirsi incontro a metà strada usa di fatto una tattica scorretta.

Vi sono poi alcuni che pensano che mediare consista nel fare la media. Per esempio, se una parte chiede 90 e l’altra offre 30, allora per raggiungere un accordo sarebbe sufficiente arrivare a (90 + 30) / 2 = 60 in modo da mediare e venirsi incontro a metà. Queste persone non solo fanno confusione tra la forma transitiva e quella intransitiva del verbo “mediare”, ma confondono addirittura la “negoziazione” con la “mediazione” che sono istituti diversi seppur entrambi rientranti tra le tecniche alternative di risoluzione delle controversie (ADR).

“Venirsi incontro a metà strada” raramente costituisce una buona soluzione semplicemente perché nella maggior parte dei casi si tratta di un compromesso. Inoltre, come abbiamo visto, non sempre è vantaggiosa per entrambe le parti. Consideriamo un esempio relativo alla crescente burocratizzazione che si osserva in numerose organizzazioni e decontestualizziamolo. Supponiamo che due persone impiegate nella stessa azienda abbiano mansioni differenti: la prima commerciali come addetta alle vendite e la seconda in amministrazione. Immaginiamo ora che si renda necessaria, per una richiesta dell’amministrazione centrale, la compilazione di relazioni sulle vendite effettuate dai commerciali e che tali relazioni consistano semplicemente nel ricopiare su un nuovo documento informazioni già presenti su altri documenti in mano all’amministrazione stessa. Da un certo punto di vista avere disponibili i rapporti di vendita può essere utile ma, se per ottenere queste relazioni si deve distogliere dalle vendite la persona preposta ad esse, le risorse non risultano certamente allocate in modo efficiente. Supponiamo ora che la persona in amministrazione chieda al commerciale di compilare 40 relazioni di vendita e che quest’ultima si rifiuti poiché questo sarebbe tempo sottratto alle vendite. Bene, se a questo punto la persona in amministrazione dicesse: “Veniamoci incontro stiliamo 20 relazioni per uno” sarebbe un buon risultato per il commerciale? Accettare non sarebbe saggio e questa certamente non sarebbe una trattativa vincente, basta ricordare il titolo completo del testo di Fisher ed Ury: “Getting to Yes. Negotiating Agreement Without Giving In”, ossia “Arrivare al sì. Raggiungere l’accordo senza rimetterci”.

Abbiamo visto perché venirsi incontro non è un buon modo per negoziare. Tuttavia alcuni pensano che “Getting to yes” significhi incontrarsi a metà strada e per questo motivo criticano e rifiutano l’approccio alla negoziazione integrativa proposto da Roger Fisher e William Ury. Questa errata percezione sembra sempre più affermarsi come falso mito inerente la negoziazione. In un prossimo post approfondiremo le ragioni alla base di questa incomprensione.

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