I diritti televisivi costituiscono una sfaccettatura di notevole interesse economico dei fenomeni sportivi. La negoziazione dei diritti televisivi è di per sé interessante oltre ad avere ripercussioni sugli spazi pubblicitari che si potranno vendere.
La mancata qualificazione della Nazionale Italiana di Calcio ai mondiali comporta alcune conseguenze importanti da questo punto di vista. Infatti, secondo alcune testate giornalistiche, la Rai avrebbe già avuto in mano i diritti tv dei Mondiali di Russia 2018, nonostante altri contendenti avessero manifestato il loro interesse. Secondo Il Sole 24 Ore la parte più interessante dei diritti riguarderebbe le partite trasmesse in chiaro che, attirando un grande pubblico, di solito sono particolarmente interessanti per gli investitori pubblicitari.
In effetti secondo il sito della Fédération Internationale de Football Association (FIFA) non risulta che i diritti per l’Italia siano già stati assegnati. Per l’assegnazione si aspettava infatti l’esito delle qualificazioni per i mondiali. Procedere all’asta prima di sapere l’esito delle qualificazioni sarebbe stato come prenotare e pagare il viaggio di nozze prima del primo appuntamento. Chi si fosse aggiudicato i diritti si sarebbe trovato in una situazione estremamente rischiosa in quanto, in caso di mancata qualificazione, si sarebbe ritrovato senza avere le prospettive di rivendere i diritti o comunque con la possibilità di rivenderli solamente ad un prezzo molto basso. Tuttavia, per alcune delle altre nazioni che si sono solamente qualificate con gli spareggi terminati il 15 novembre i diritti erano stati già acquistati. In particolare per 37 dei paesi che partecipano alla European Broadcasting Union (EBU) i diritti sono stati acquistati sia per i Campionati Mondiali del 2018 che del 2022. Curiosamente la RAI è membro della EBU ma non ha partecipato all’accordo. Forse qualche informazione in più si può avere leggendo il resoconto stenografico dell’audizione della direttrice generale dell’EBU Ingrid Deltenre che si è tenuta venerdì 24 marzo 2017 presso la COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L’INDIRIZZO GENERALE E LA VIGILANZA DEI SERVIZI RADIOTELEVISIVI. Il tema è indubbiamente complesso e l’entità degli interessi coinvolti non sempre ha condotto a comportamenti esemplari da parte di tutti gli attori con conseguenze importanti in termini di sponsor.
Ma le conseguenze della mancata qualificazione non si limitano ai diritti televisivi. Si pensi agli sponsor delle magliette dei giocatori. Secondo The Economist, per la stagione 2015-2016 solo in Inghilterra i ricavi dall’attività di sponsor delle magliette per le 20 squadre al vertice ammontavano a 330 milioni di euro con un incremento di un terzo rispetto alla stagione precedente. Sempre secondo The Economist le ragioni di questo incremento dipendono anche dal fatto che la FIFA voglia introdurre sponsor regionali diversificati per la Coppa del Mondo. In questo modo i potenziali acquirenti possono scegliere in quale delle cinque regioni promuoversi. Una delle conseguenze è che in questo modo si avrà un incremento del numero di sponsor nei prossimi tornei con una conseguente diluizione dell’impatto pubblicitario. Risulta evidente che chi come Puma ha investito come sponsor tecnico sulla Nazionale Italiana di Calcio ora non riesca ad ottenere l’esposizione sperata. In questi casi è ovvio che si ricorra a forme particolari di contratti, che permettano di raggiungere un accordo anche quando le parti hanno aspettative diverse sul futuro. In effetti secondo questo sito i contratti siglati nel 2014 erano contingenti al raggiungimento di alcuni risultati. Quando le parti hanno aspettative temporali differenti o previsioni discordanti su eventi futuri è possibile scrivere particolari contratti che permettono di superare queste differenze.
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Ugo Merlone
Professore Ordinario
Dipartimento di Psicologia, Università di Torino
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