Come abbiamo visto in un post precedente, le fallacie logiche possono essere perniciose sia perché possiamo caderci inconsapevolmente e quindi fornire argomentazioni non solide logicamente, sia perché possono essere usate contro di noi. Tra le fallacie logiche possiamo trovare il whataboutism, noto anche come whataboutery che sembra essere (ri)diventato una pratica comune nella moderna comunicazione politica. Secondo Axel Arturo Barceló Aspeitia questo è un termine reso popolare da Lucas (2007, 2008); tuttavia trovare una definizione precisa non è così facile, come del resto la traduzione italiana in benoltrismo o benaltrismo, non sembra essere pienamente corrispondente al significato del termine inglese. Per questo motivo nel resto del post userò il termine whataboutism.Secondo Shahinul Islam (2018) con whataboutism si indica una fallacia logica usata per screditare le argomentazioni di un avversario spostandole su qualcos’altro. Sempre Barceló Aspeitia considera il whataboutism una sorta di risposta data ad argomenti che cercano di giustificare un caso particolare facendo appello ad una regola generale, ma che di fatto non applicano la stessa regola ad altri casi simili e salienti. Invece, secondo Edward Lucas, il termine in oggetto si riferisce alla propaganda sovietica, usata durante la Guerra Fredda, che ad ogni crimine sovietico associava un analogo crimine occidentale vero o presunto. Vediamo due esempi suggeriti da questo giornalista: “Quindi ti opponi agli interventi sovietici nell’Europa orientale? E che dire dell’attacco americano ai sandinisti nicaraguensi?” “Ti dispiace della situazione degli ebrei sovietici? E cosa dici allora dei neri in Sudafrica? “.
Lo stesso articolo di Edward Lucas ripropone una delle numerose scenette ispirate dall’abuso di questa tecnica da parte della propaganda sovietica: “Un ascoltatore telefona alla Radio Armena chiedendo: ‘Qual è il salario medio di un lavoratore americano?’ […] La risposta che arriva è: ‘u nich linchuyut negrov’ che viene tradotta ‘laggiù linciano i neri'”.
Ora utilizziamo questa scenetta per capire come il whataboutism possa essere usato contro di noi in una negoziazione. Supponiamo di essere un manovale che sta negoziando il suo salario e di voler utilizzare un riferimento per supportare le nostre richieste. Sapendo che negli USA il salario dei manovali è sufficientemente alto, potrei sostenere la mia richiesta riferendomi esplicitamente alla retribuzione media dei manovali americani. Rileggendo la scenetta sopra riportata capiamo subito come il nostro interlocutore potrebbe utilizzare il whataboutism per schivare la nostra richiesta e minare le nostre argomentazioni. Viene dunque spontaneo domandarsi come si debba rispondere al whataboutism. Come suggerito da Fisher e Ury per altre tattiche e trucchi sporchi, dobbiamo innanzitutto essere in grado di riconoscerli e quindi “negoziare le regole del gioco” con la controparte.
Concludo questo post con un’osservazione che dovrebbe essere scontata: il whataboutism non fa parte delle capacità di ascolto attivo che fanno parte degli strumenti di ogni buon negoziatore.
Condividi questo articolo
Articoli recenti
Contatti
Ugo Merlone
Professore Ordinario
Dipartimento di Psicologia, Università di Torino
ugo.merlone@unito.it
tel: +39 011 6702027
fax: +39 011 6705784