
Howard Raiffa è l’autore di The Art and Science of Negotiation,uno dei più interessanti testi sulla negoziazione. Non è un caso che lo stesso Raiffa abbia anche scritto, con R. Duncan Luce, Games and Decisions, un testo classico sulla teoria dei giochi pubblicato nel 1957.
Nonostante ciò, proprio a pagina 2 di The Art and Science of Negotiation, possiamo leggere: “Ho iniziato studiando numerosi casi di problemi reali. Praticamente ogni caso che ho esaminato includeva una componente di decisione interattiva e competitiva, tuttavia non sapevo come utilizzare la mia esperienza di teorico dei giochi. La teoria dei giochi focalizza la sua attenzione su problemi in cui i protagonisti di una disputa sono ultra razionali, dove le ‘regole del gioco’ sono così ben comprese dai ‘giocatori’ al punto che ognuno può pensare a quello che gli altri stanno pensando su ciò che egli stesso sta pensando e così via all’infinito”. Ipotesi così stringenti raramente si verificano nella realtà e ci farebbero propendere a pensare che la teoria dei giochi sia di scarsa utilità per coloro che si occupano di negoziazione nel mondo reale.
Tuttavia, a partire dal contributo classico del premio Nobel John F. Nash Jr. troviamo numerosi altri contributi come per esempio Negotiation Analysis curato da Peyton Young o anche Negotiation Games. Applying Game Theory to Bargaining and Arbitration di Steven J. Brams il cui contenuto non è immediato per chi non sia avvezzo alla formalizzazione matematica.
Quindi, la questione che si pone è se, date le ipotesi irrealistiche di razionalità su cui si fonda la teoria dei giochi, questa possa essere di qualche utilità a chi si occupa di negoziazione dal punto di vista pratico.
Vediamo quello che scriveva nel 1960 un altro premio Nobel, Thomas C. Schelling, “Il vantaggio di concentrarci sull’area della ‘strategia’ ai fini di uno sviluppo teorico non è ovviamente quello di, tra tutti i possibili approcci, rimanere più vicini alla verità, ma è assumere che un comportamento razionale sia produttivo. Permette un approccio che è particolarmente favorevole allo sviluppo di una teoria. Ci permette di identificare i nostri processi analitici con quelli dei partecipanti ipotetici in un conflitto; e, richiedendo un certo grado di coerenza nel comportamento dei nostri ipotetici partecipanti, ci consente di esaminare modalità di comportamento alternative a seconda che soddisfino o meno quegli standard di coerenza. La premessa di un comportamento razionale è fruttuosa in termini di produzione di una teoria. Se poi la teoria risultante fornisca una comprensione buona o no del comportamento reale è, ripeto, una questione per un giudizio successivo”.
Pertanto non possiamo semplicemente ignorare la teoria dei giochi, tuttavia dobbiamo esercitare la massima cautela nell’applicarne i risultati alle situazioni reali.
Come osservano Vansteenkiste e Sheldon (2006) quando interpretano il messaggio di Kurt Lewin (1952, p.169) “Non c’è nulla di più pratico di una buona teoria”, i teorici dovrebbero fornire nuove idee per comprendere o almeno concettualizzare una situazione (problematica), ovvero idee che possano suggerire vie potenzialmente utili per affrontare tale situazione. Di contro chi fa ricerca applicata dovrebbe fornire ai teorici le informazioni chiave ed i fatti rilevanti per risolvere un problema pratico, fatti che dovrebbero essere concettualizzati in modo dettagliato e coerente.
Entrambi dovrebbero saper ascoltare e riflettere, doti fondamentali per ogni negoziatore.
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Ugo Merlone
Professore Ordinario
Dipartimento di Psicologia, Università di Torino
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